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La prima birra che ho bevuto non mi è piaciuta affatto. Avevo 14 anni ed era un lager in lattina, la meno costosa del supermercato, credo. Mi sembrò una brodaglia leggermente alcolica. Una bevanda di cui si poteva tranquillamente fare a meno. Dovevo rendermi conto dell’errore un paio di anni più tardi e dopo molte lattine scadenti trangugiate. A 16 anni iniziai a bere, in modo ‘consapevole’ la Birra. Fortunamente, iniziai bene. Mi ricordo di ottime Leffe blonde e gustose Chimay rosse. In pochi mesi – assieme ad altre persone di questa associazione – iniziai a diventare ancor più esigente. Ordinavo Lutece, Tennent’s e Bonne Esperance, per poi prendere una sbandata (un po’ adolescenziale) per le micidiali Eku 28 e Urbock 23, autentiche ‘bombe’ ad alta gradazione. Ho continuato fino ad oggi ad essere un bevitore esigente - e forse un po’ spocchioso - di birre belghe, francesi e di tutte quelle altre che hanno un gusto in grado di affascinarmi. In tutti questi anni, però, ho dovuto anche sorbirmi ettolitri di birracce in bicchieri di plastica, che non sanno di niente, ma sono le uniche che si servono nei locali rock. Credo che nel nostro paese la birra possa avere un futuro brillante: abbiamo fantasia, consapevolezza delle nostre capacità, eccellenti materie prime e una solida preparazione in materia di vini. La nostra produzione migliora di mese in mese, spesso evitando gli errori (orrori) dell’enologia. Ci manca soltanto una maggiore diffusione culturale della birra, intesa come bevanda di qualità. Questo è quello che mi aspetto dalla nostra avventura nel mondo delle birre. Adesso – scusatemi - vado a farmi una familiare di Peroni gelata…


Per scrivere al Dr Bardus